Fondamentalismo e rivolta personale nel mondo islamico

Nel terzo incontro del ciclo “Così lontani così vicini”, organizzato dall’Associazione culturale Clementina Borghi di Treviglio, Giuseppe Stucchi, coadiuvato dalle letture di  Dina Belletti, ha illustrato in modo efficace il significato dei concetti alla base del fondamentalismo nel mondo islamico.

Questo approccio didascaStucchi 3°lico è servito a definire il vocabolario di base del fondamentalismo e ha chiarito alcune distorte interpretazioni degli stessi concetti che si sono instaurate nel mondo della comunicazione occidentale .

Abbiamo così appreso che Sharia significa “tracciare un piano” e “definire una via” e rappresenta la legge divina dalla quale non ci si può allontanare. La Sharia contiene, quindi, tutte le possibili leggi che regolano l’universo dei rapporti di ogni credente: rapporti con la propria coscienza, con gli altri e con Dio. Il complesso delle leggi alle quali obbedire è, però, più articolato e prevede gradi diversi di importanza.

Il primo è il Corano che con le sue 114 sure riassume l’insieme delle regole di comportamento del buon fedele islamico.

Seconda per importanza dopo il Corano è la Sunna, testo che raccoglie i comportamenti assunti dal Profeta nelle varie fasi della sua vita. Questi esempi di vita assumono il significato di norma da seguire per tutti quei casi per i quali il Corano non prevede una specifica indicazione di comportamento. La Sunna, quindi, fornisce ad ogni credente una chiave corretta per interpretare la liceità del proprio agire.

Il terzo livello di importanza è il Fiqh che costituisce la disciplina autonoma di autoregolazione del diritto islamico che giudica la liceità delle azioni del credente attraverso il filtro della conoscenza dei comandamenti di Dio.

Se, infine, i tre livelli superiori di interpretazione dei comportamenti non fossero sufficienti a definirne la liceità interviene la Riduzione (o Interpretazione) analogica che raccoglie le decisioni dell’autorità in casi analoghi e fornisce a sua volta lo strumento per decidere, ancora una volta, della liceità o meno dell’azione del credente.

In tutto questo universo di leggi e precetti si innesta la storia di Khaled al-Berry e del suo romanzo-confessione “La terra è più bella del paradiso” un “romanzo di formazione” che descrive la dura e dolorosa parabola di un ragazzo, Khaled appunto, che viene irresistibilmente attratto dalla purezza e inflessibilità delle regole del gruppo islamico fondamentalista Al-Gama’at al-Islamiyya.

Si sviluppa così la storia di un gracile ragazzo egiziano, cresciuto in una famiglia non problematica né dal punto di vista economico né da quello sociale, attratto dalla rudezza e dall’inflessibilità dottrinale di una Sharia che non ammette interpretazioni. All’aumentare dell’adesione ideologica corrisponde una continua ed inesorabile spersonalizzazione che conduce ad un cammino di vita fatto di purificazione, di indottrinamento violento, di punizioni corporali e di violenze subite in prigione fino al momento in cui lo stesso Khaled non realizza di essere diventato “un episodio della storia della Jihad”.

Parte da questa presa di coscienza la strada che consentirà al giovane Khaled di riappropriarsi della propria vita abbandonando, non senza pericolo, la strada del fondamentalismo.

Nel breve tratto di una conversazione l’uditorio ha potuto così toccare con mano sia la teoria e la definizione di un fenomeno politico religioso portato all’estremo che le sue conseguenze sulla vita di un giovane che ha aderito acriticamente agli stessi insegnamenti fino a subirne i duri esiti a livello personale.