GIUSEPPINA D’AGOSTINO HA TENUTO UNA LEZIONE SULL’ANIMA EBRAICA VISTA ATTRAVERSO LA LETTERATURA

Letteratura ebraica, letteratura israeliana, letteratura come strumento per capire l’anima di un popolo, tutte definizioni ardue da affrontare e difficili da gestire trattate, però, con competenza e mano sicura da Giuseppina D’Agostino che ha soddisfatto pienamente le aspettative dell’attento e numeroso pubblico presente all’evento organizzato dall’Associazione culturale Clementina Borghi dal titolo “Liberati dall’Olocausto? La letteratura ebraica tra misticismo e ortodossia” – sala Carminati della BCC di Treviglio.

L’assunto di partenza della trattazione della prof. D’Agostino può essere facilmente riscontrato da chi ha affrontato il piacere e l’impegno di leggere con attenzione le opere degli scrittori ebraici: questa narrativa è una materia impegnativa , “tosta” come da definizione della relatrice, che richiede anche “filtri” opportuni per discernere ed apprezzare tutte le complesse sfaccettature che ogni autore trasfonde nel proprio lavoro portandosi dietro il suo vissuto spesso difficile e complesso.

È una letteratuLocandina Pinuccia 23.2.15ra complessa perché lo scrittore ebreo si trova sempre a dover affrontare bivi difficili come la lingua da usare, il restare fedele alla propria comunità di impostazione religiosa o aprirsi alla realtà della nazione in cui vive, portarsi nell’animo tutte le sofferenze passate del suo popolo o aprirsi all’osservazione del futuro.

Una tendenza che, forse, solo i giovani autori cominciano a modificare a costo però di mettere un po’ in secondo piano alcuni temi forti derivanti dal passato come, appunto, l’olocausto, le colpe più o meno attribuibili alla comunità ebraica che, secondo le interpretazioni più tradizionaliste, allontanandosi da Dio avrebbe peccato meritandosi il castigo in qualunque forma esso si presentasse.

È una narrativa “cittadina”, globalizzante che spesso presenta i pesanti conflitti religiosi, politici e militari della società offrendo anche situazioni che mostrano che i conflitti, personali e sociali, possono essere superati.

È una letteratura che tratta argomenti “alla Buddenbrook” in cui attraverso la descrizione di vissuti familiari si indaga sulle relazioni personali spesso caratterizzate da una incomunicabilità degna del più profondo Antonioni. Problematiche psicologiche che consentono all’autore, e qui si parla di Amos Oz, di modellare questi temi ricorrendo a stilemi che possono richiamare approcci tipici di Proust o di Joyce e, come fa notare Giuseppina D’Agostino, anche alla Calvino.

È una letteratura che arriva a riscoprire in avanzato novecento anche il romanzo epistolare (sempre Amos Oz, con il romanzo “La scatola nera”) nella quale i personaggi riescono a vivere nella stessa casa, riescono a darsi anche mutuo aiuto nelle vicende quotidiane e parentali ma non si parlano mai direttamente. L’unico metodo comunicativo utilizzato è quello di scambiarsi delle lettere.

Oppure è una letteratura in cui risuona, come in David Grossman, un nuovo tipo di scrittura che risente pesantemente di un’idea di fondo pessimista che parla di una mancanza di futuro per il popolo di Israele, quasi destinato a perire.

È , infine, anche una letteratura che presenta ritorni al passato della segregazione patita dagli Ebrei nell’Europa centrale della prima metà del secolo scorso come nel caso de “La famiglia Moskat” di Isaac Singer.

Uno dei giovani della famiglia, contrariamente a tutti gli altri familiari, decide di restare a Odessa, terra natale, e di studiare per diventare teologo. Resta così insensibile alle tentazioni di allontanarsi dalla situazione che comincia a farsi difficile a causa delle persecuzioni e arriva a maturare la convinzione che, in fondo, i problemi emergenti non siano altro che la conseguenza del fatto che il suo popolo è stato attratto dalla cupidigia del denaro e allontanandosi da Dio ne ha attirato la punizione. Singer arriva, attraverso questa costruzione letteraria, a segnalare quindi uno dei sentimenti più ancestrali, forse, dell’anima ebraica e cioè la coscienza dell’ineluttabilità di tutte le sofferenze ricevute dal suo popolo facendo dire al giovane Moskat che decide di restare ad Odessa: “Non ce la faccio più, non ho più forze” dice in tono di scuse, “il Messia arriverà presto. La Morte è il Messia. Questa è la verità“.

Molti altri spunti possono essere riferiti per delineare, impresa assolutamente non semplice, le note salienti della narrativa ebraica e la maniera di porsi degli autori di fronte ai ponderosissimi problemi e dubbi dell’anima ebraica, problemi e dubbi stratificatisi in millenni di sofferenze che partono dalla deportazione in Babilonia fina ad arrivare ad Auschwitz.

È un compito stimolante dal punto di vista intellettuale che ognuno di noi può affrontare con la consapevolezza della difficoltà ma con la curiosità di indagare complessità psicologiche e letterarie di notevole livello nelle quali, però, ora ci si può muovere con sicurezza proprio grazie alla efficace ed appassionata lezione di letteratura ebraica offerta da Giuseppina D’Agostino.