Un ritratto chiaro e quasi affettuoso di Norberto Bobbio

 

«Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze.»

(Norberto Bobbio, Invito al colloquio, in Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, p. 15.)

Sintetizzare in poco meno di due ore la vita di un uomo è impresa di per sè ostica.

Se poi il personaggio di cui si vuole parlare è stato filosofo, giurista, storico, politologo e senatore a vita ed ha avuto un ruolo così preciso nella storia del paese allora potrebbe diventare un’impresa da far “tremare le vene e i polsi” anche a chi, come il professor Angelo D’Orsi, è stato a stretto contatto con Bobbio agendo prima nel ruolo di allievo e poi in quello di assistente.

Il relatore, intervenuto a Treviglio su invito dell’Associazione Clementina Borghi, ha, invece, padroneggiato perfettamente la materia parlando prima di Bobbio studente, giovane in formazione e professore ai primi passi della carriera pur tra contrasti e “perplessità” e poi del pensatore sempre guidato dal dubbio, del filosofo delle istanze di eguaglianza e dell’intellettuale che, in tempi di confusione, ha delineato chiaramente  le differenze fra le ideologie e gli indirizzi politico-sociali di destra e sinistra.

I presenti hanno potLocandina D'Orsi Bobbiouto così veder evocato quel felicissimo affresco di vita culturale torinese della prima parte del secolo scorso in cui si formò il giovane Bobbio. Un ambiente di solida formazione e di efficaci maestri che, pur nelle difficoltà generate dal nascente fascismo, riusciva a trasmettere ai giovani delle linee di formazione e di approccio culturale chiare e di assoluto valore.

Basta, allora, fare alcuni dei nomi di professori e di allievi che vissero quella straordinaria esperienza per capire quale felice momento fu quello per la cultura torinese e, di riflesso, per l’Italia, benchè oppressa dal regime fascista: tra i professori Salvatore Cognetti de Martiis, padre del Laboratorio di Economia Politica, Gioele Solari, professore nativo della vicina Albino e suo successore nella cattedra e Augusto Monti e tra gli allievi e amici di Bobbio Leone Ginzburg, Vittorio Foa, Giulio Einaudi, Massimo Mila,  Giancarlo Pajetta e Cesare Pavese .

Un percorso di vita, quello di Bobbio, caratterizzato, almeno fino all’immediato dopoguerra, da fasi che lo stesso filosofo visse con contraddizione e “nella doppiezza”: l’arresto e la lettera al duce per ottenere la scarcerazione, le richieste di aiuto per vincere il concorso a cattedra e il periodo “a-fascista”.

Quando la nazione si fu liberata dalla coltre di oppressione del fascismo sconfitto, Bobbio trasformò questo approccio non chiaro in adesione all’ideale liberal-socialista e contribuì al suo sviluppo anche grazie ai fecondi contatti con intellettuali quali Gido Calogero e Aldo Capitini.

Nasce così il filosofo del dubbio, il filosofo perplesso, l’intellettuale che dopo aver ascoltato l’interlocutore dal quale può, ovviamente, dissentire si interroga continuamente ma sempre seguendo un approccio razionale da far prevalere su quello emozionale.

Così, abbandonata la cittadella degli studi, inizia un’attività più concreta nella sfera politica lottando contro la legge elettorale maggioritaria (la legge truffa),  avvicinandosi sempre più alle idee socialiste fino alla partecipazione al PSU, dialogando alla sua maniera anche nei roventi momenti delle contestazioni del ’68 fino alla nomina a senatore a vita da parte del Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Una lunga parabola di vita sviluppatasi sempre nel solco della chiarezza intellettuale e della capacità di affrontare ogni nuovo problema seguendo sempre la strada dell’ascolto e del dibattito per riuscire a delineare e a proporre, come dice il prof. D’Orsi, la democrazia come “un sistema di valori che deve tendere, per sua stessa natura, a una progressiva riduzione delle disuguaglianze, nei tre ambiti fondamentali (economico, politico e culturale)”.